Agentic AI per sviluppatori: da “rispondi al prompt” a “non ho chiesto la tua opinione”


Il tuo LLM può pianificare, agire e riflettere. Sì, proprio come quel collega insopportabile

Nel contesto dell’intelligenza artificiale, il termine “agentic” sta rapidamente guadagnando terreno.
Non si tratta di una semplice moda linguistica, ma di un cambiamento strutturale nella progettazione di sistemi AI: da strumenti passivi a entità capaci di iniziativa, pianificazione e autonomia.

Questo post esplora i principi fondamentali dell’Agentic AI e fornisce spunti concreti per sviluppatori che vogliono integrare questo approccio nelle proprie architetture.

(O almeno ci prova)

Cos’è l’Agentic AI?

Un sistema agentico non si limita a rispondere a prompt. Agisce. È capace di:

  • Definire obiettivi autonomamente (goal-setting)
  • Elaborare piani multilivello (multi-step planning)
  • Interagire con ambienti complessi (es. tool use, API chaining)
  • Riprogrammare sé stesso in base al feedback (meta-cognition e self-reflection)

Dal punto di vista implementativo, un agente può essere pensato come un loop deliberativo con capacità di percezione, azione e riflessione.
Questo si discosta nettamente dall’approccio prompt-to-response classico della LLM-as-a-service.

Architettura di riferimento

Un’architettura agentica può essere strutturata attorno a questi componenti chiave:

  1. Planner – modulo di pianificazione basato su LLM o modelli simbolici
  2. Executor – esecutore di task che può includere chiamate API, tool esterni, o runtime sandbox
  3. Memory – sistemi di memoria persistente o episodica per tracking dello stato
  4. Critic – modulo per valutazione e riflessione sul comportamento e sugli output
  5. Interface Layer – orchestratore tra utente, tool e ambiente

Framework come LangGraph, CrewAI, Autogen, e MetaGPT iniziano a fornire scaffolding per questi concetti, ma siamo ancora agli albori della standardizzazione, continua a leggere che aggiungerò qualcosa su questo argomento.

Cosa serve sapere da sviluppatore

  • Tool Interop: Gli agenti devono poter invocare strumenti, leggere documenti, manipolare file, effettuare chiamate API RESTful. La progettazione di interfacce robustamente tipizzate e stateless è cruciale.
  • Prompt Engineering Avanzato: Non basta “dargli un compito”. Serve contesto, storia, ruoli, restrizioni. In pratica, devi essere il DM di una campagna D&D dove il mago può diventare autocosciente.
  • Handling del Fallimento: Gli agenti devono fallire in modo utile. Logging strutturato, retry policy, fallback strategy e prompt di riflessione sono fondamentali.
  • Controllo e Sicurezza: Agire in autonomia implica rischi. Serve sandboxing, rate limiting e audit trail per ogni azione eseguita.

L’approccio di Microsoft all’Agentic AI

Microsoft ha abbracciato il paradigma agentico attraverso l’evoluzione dei suoi strumenti Copilot e con l’integrazione di framework agent-based in Azure AI Studio.
L’obiettivo è duplice: da un lato, fornire esperienze utente in cui l’LLM non si limita a rispondere ma fa cose (esegue, recupera, organizza, automatizza); dall’altro, fornire agli sviluppatori un’infrastruttura scalabile per orchestrare agenti intelligenti in ambienti enterprise.

Nel Copilot Stack, l’intelligenza agentica viene incapsulata nel concetto di Semantic Kernel — un framework open-source che permette di combinare prompt, planner e skill (plugin esterni, API, funzioni C# o Python) in pipeline agentiche.

In ambiente Azure, Microsoft sta spingendo fortemente sulla prompt orchestration come forma primitiva di agency.
Ma dietro le quinte, gli strumenti più avanzati permettono la creazione di veri e propri cognitive agents distribuiti, con accesso a vector DB, strumenti di ricerca aziendale e connettori Power Platform.

Autogen: orchestrazione multi-agente secondo Microsoft

Nel solco dell’Agentic AI, Microsoft Research ha introdotto Autogen, un framework Python open-source progettato per orchestrare interazioni tra agenti LLM multi-ruolo.
Autogen consente la creazione di sistemi composti da più agenti (Developer, Critic, Planner, Executor, ecc.), ciascuno con prompt specializzati, obiettivi specifici e capacità di ragionamento autonomo.

Autogen si integra bene con backend OpenAI, Azure OpenAI o modelli locali, ed è pensato per abilitare flussi di lavoro complessi come:

  • Debugging automatico
  • Data pipeline intelligenti
  • Code generation a più step
  • Task delegation tra agenti cognitivi

In pratica, se Semantic Kernel è l’agente che fa, Autogen è il team di agenti che discute su come farlo — e poi litiga sul codice come in una vera review tra colleghi.

L’era dell’Agentic AI non riguarda solo nuovi framework o un altro buzzword da sventolare su LinkedIn.

È un invito a ripensare l’interazione tra intelligenza artificiale e automazione in termini di intenzionalità, cooperazione e apprendimento continuo.

Per i team di sviluppo significa progettare sistemi che non solo rispondono, ma decidono, collaborano, e migliorano nel tempo.

In definitiva, l’Agentic AI rappresenta il passaggio dalla programmazione di risposte alla costruzione di ecosistemi cognitivi attivi.

E il punto non è solo farli funzionare.
Il punto è farli pensare abbastanza da sapere quando non farlo.

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